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Messaggio Da eretico pagano Gio Ott 09, 2008 8:46 pm

Rovereto - Sinti in lotta
Oggi, mercoledì 8 ottobre, i Sinti del campo di Rovereto hanno organizzato un presidio davanti all'ufficio per le politiche sociali. Pretendevano un incontro – loro promesso da mesi – sulla questione delle microaree. Stufi di attese infinite, esasperati dalla vita in un campo collocato tra una discarica e una fabbrica di prodotti chimici, in mezzo al fango, in strutture dove manca l'acqua calda, dove l'elettricità va e viene, hanno deciso di cominciare una lotta. Di fronte all'ennesimo muro di gomma, hanno spiegato le loro ragioni con cartelli e megafono pretendendo un incontro con il sindaco. Dopo alcune ore si sono spostati nella piazza del Municipio. Con loro, fin dalla mattina, una decina (e poi una ventina) di antirazzisti. Dopo aver occupato l'androne del Comune, i Sinti hanno dichiarato che, in assenza di risposte precise, avrebbero bloccato tutto. Venti minuti dopo è partito il blocco del traffico. Quando un automobilista ha minacciato di investire i manifestanti urlando "zingari di merda", è esplosa la rabbia. Un agente della DIGOS, che si è messo in mezzo, ha rimediato qualche pugno in faccia. La gestione di polizia e carabinieri si è fatta subito molto tranquilla, con il traffico deviato dai vigili urbani. Dopo due ore e mezzo di occupazione della piazza, i Sinti e gli antirazzisti presenti se ne sono andati, dal momento che i primi avevano ottenuto un incontro con il sindaco per il 22 ottobre. Quel giorno ci sarà un nuovo presidio, che si potrebbe trasformare – hanno ribadito al megafono – in un accampamento permanente. Lo striscione esposto sotto il Comune diceva: "Se al campo si sta bene, perché il sindaco non ci viene?".


Un'importante giornata di lotta che ha fatto assaporare il gusto – oltre che la necessità – dell'autorganizzazione.
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Messaggio Da eretico pagano Gio Ott 09, 2008 8:47 pm

Trento - Comunicato sul blocco della base militare di Mattar
NON LASCIAMOLI LAVORARE ALLA GUERRA IN PACE!

Bloccato di nuovo il cantiere della base di Mattarello

Lunedì 6 ottobre, a partire dalle 7,00 del mattino, il cantiere della base militare di Mattarello è stato di nuovo bloccato. Una cinquantina di antimilitaristi (non solo anarchici, come riportato dai giornali, ma anche diversi studenti, due giocolieri-trampolieri conosciuti al corteo di sabato e un'abitante di Mattarello) hanno impedito ai camion di entrare nel cantiere. Un accesso è stato bloccato con una catena, l'altro con un grosso lucchetto. Davanti i manifestanti con striscioni, bandiere e cartelli. Polizia e carabinieri, giunti in ritardo, hanno preferito non intervenire (aria di elezioni?). Una ruspa ha dovuto spiegare al pubblico, grazie ad alcune scritte, la sua complicità con le politiche di guerra. Quando le forze dell'ordine hanno bloccato la strada, gli antimilitaristi, per non farsi chiudere in mezzo, hanno deciso di spostarsi davanti ai posti di blocco. Si sono divisi in due gruppi dopo aver vergato delle grosse scritte "NO BASE" sull'asfalto. I due gruppi impedivano l'accesso ai camion diretti al cantiere, spiegando alla gente che erano vigili e polizia a bloccare auto e mezzi pubblici. Il blocco del traffico è stato tolto dopo alcune ore. Gli antimilitaristi sono tornati allora davanti alle due entrate del cantiere. Resi impossibili i lavori (i camionisti se ne erano andati con mezza giornata libera pagata), il presidio è stato sciolto nel primo pomeriggio. Insomma, una buona giornata (qualcuno si è avvicinato incuriosito, vari automobilisti ci hanno espresso la loro solidarietà).


Lo scopo dell'iniziativa – proposta in assemblea e poi promossa con un volantino distribuito ai partecipanti al corteo di sabato – era quello di ribadire che NO significa NO, che una base di guerra si deve e si può impedire. Che fermarla tocca a noi.


Il 30 novembre si chiuderà la gara di appalto per assegnare i lavori veri e propri della base. La partita è ancora lunga.


antimilitaristi contro la base di Mattarello
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Messaggio Da eretico pagano Gio Ott 09, 2008 8:48 pm

Lecce - Minacce via sms all'avvocato degli anarchici
fonte: la Gazzetta del Mezzogiorno

Lecce, minacciato con un sms
difensore gruppo di giovani anarchici

LECCE - È stato minacciato con un messaggio al suo cellulare, perchè abbandonasse l'incarico a pochi giorni dal processo di appello, l'avvocato leccese Marcello Petrelli, di 53 anni, difensore del gruppo di giovani anarchici presunti responsabili di una serie di azioni compiute negli anni scorsi contro l'ex Centro di permanenza temporanea di San Foca, 'Regina Pacis', oltre che contro la Curia leccese, e alcune multinazionali. Il messaggio, inviato probabilmente da una cabina telefonica di Lecce, riportava la frase «Avvocato stai attento che quando vuoi capisci.


Non difendere più gli anarchici che non ti conviene. Firmato Gli amici». Poi due sigle: Rfi e Msi. Petrelli ha denunciato l'accaduto in questura alla Digos che ha avviato le indagini.


Il processo di Appello agli anarchici si terrà il 9 ottobre davanti ai giudici della Corte d'Appello di Lecce. I giovani furono arrestati nel 2005 dalla Digos nell'operazione 'Nottetempò. In primo grado, il 12 luglio dello scorso anno, ne furono assolti otto, con l'assoluzione per tutti dal reato di associazione eversiva.
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Messaggio Da eretico pagano Gio Ott 09, 2008 8:49 pm

Messico - Torturata e uccisa una compagna
Il 24 settembre in una capanna vicino a Oaxaca (Messico) è stato trovato il cadavere di Marcella Salli Grace Eiler, compagna statunitense, attivista di 21 anni, in Messico dal 2006.

Salli aveva partecipato con noi e altri internazionali alla carovana “Los zapatistas no estan solos!”, tenutasi in Chiapas ad agosto e stava portando avanti un percorso di solidarietà con il popolo di Oaxaca, oltre a lotte contro il razzismo nella frontiera tra U.S.A e Messico. Ultimamente si stava occupando dei prigionieri politici e delle donne, mogli, compagne, madri, sorelle, figlie dei detenuti e delle persone scomparse o assassinate.

Recentemente Salli aveva raccontato che aveva subito minacce e forme di controllo per queste sue attività.


Salli era un’attivista e una donna. Due buoni motivi, secondo i suoi assassini, per violentarla e torturarla, al punto da rendere il suo cadavere irriconoscibile, eccetto che per i tatuaggi che aveva sulle braccia.

La notizia non è stata diffusa a livello internazionale e i media messicani hanno chiuso la questione il 28 settembre riportando la confessione del presunto assassino, un amico di Salli. In questo modo a livello mediatico, tutto è stato risolto come un evento tragico, sì, ma scollegato da qualsiasi discorso relativo al sistema di repressione e violenza vigente in Messico, e non solo.


La rabbia che questa notizia suscita in noi, pur trovandoci dall’altra parte del mondo, è tanta.

E le ragioni sono diverse: Salli era una compagna, una donna, il cui corpo è stato brutalmente violato.

Salli era un’attivista e la repressione non ha frontiere.

Salli era in Messico, paese dove la violenza fa brutalmente da padrona, dove la libertà di espressione è limitatissima, dove gli attivisti vengono frequentemente imprigionati e torturati e spesso qualcuno ci rimette la pelle. In molti casi i destinatari della violenza militare e paramilitare messicana sono le/gli attiviste/i, nazionali e internazionali, vicini ai movimenti indigeni che, soprattutto dopo il levantamiento zapatista del 1994, hanno iniziato a prendere coscienza di sé e a ribellarsi allo sfruttamento perpetuato dal potere economico.


La rabbia e l’indignazione che proviamo non vanno chiuse in un ricordo, per chi l’ha conosciuta, o in una qualche dimostrazione di solidarietà nei suoi confronti. Non è abbastanza. Vorremmo giustizia per lei, e il nostro pensiero vola a tutte/i le/i compagne/i uccise/i anche in Italia, alla repressione che impera anche qui, seppur con tutte le differenze del caso.

Non possiamo chiudere gli occhi di fronte ad un fatto simile. Non possiamo abbassare la testa e sentirci al caldo, sicure/i dietro la cortina dei confini di stato.

Canalizziamo la nostra rabbia nel senso giusto, fermiamoci un attimo a riflettere: un attimo è abbastanza per realizzare che ciò che dobbiamo continuare a fare è non assecondare un sistema che vuole omologarci con la ricetta della violenza, qui come in Messico. E sta innanzitutto alle nostre scelte individuali dare concretezza a questa riflessione. Giorno per giorno.

Possiamo scegliere, se non ci spaventano le possibili conseguenze delle nostre scelte, di andare nel senso contrario rispetto alle linee dettate dall’alto. Possiamo scegliere di distinguerci dalla media degli individui occidentali non per la nostra apparenza, ma per le nostre quotidiane reazioni rispetto a ciò che puzza di marcio in questa società. Possiamo scegliere di adottare quotidianamente delle modalità di vita che contagino chi ci sta intorno. Non possiamo entrare nella testa di chi accetta l’esistente e mette poco o nulla in discussione, ma possiamo essere convincenti in quello che facciamo.


La vita di Salli, come quella di molti altri compagni e compagne, è stata troncata, perché la libertà d’espressione è diventata tristemente un’illusione, una libertà limitata ai confini prestabiliti da quelli che pretendono di essere i padroni delle nostre vite.


Riflettere su di sé, sulla banalità di molti rapporti umani che siamo portati a stringere vivendo secondo le regole di questa società impazzita, sul nostro tempo, che assume significato solo se legato alla produzione di denaro, sulla violenza che entra nelle città, che gira per strada e pare essere la normalità, sul corpo della donna, costantemente considerato un oggetto, perlopiù un oggetto di mercato e di piacere, sulle politiche nazionali e internazionali di controllo che vogliono renderci automi privi di sogni e libertà, è quotidianamente il punto di partenza per fare scelte di ribellione. Apriamo gli occhi, continuiamo a tenerli aperti. Anche se non c’è un punto d’arrivo, la strada è comunque tanta e in salita.

Indignarsi e alzare la testa di fronte a fatti che testimoniano quotidianamente, qui come in Messico e in ogni parte del mondo, la violazione estesa e resa legge, delle libertà umane, ci deve spronare ancora di più a reagire, ogni giorno, partendo ognuno dal proprio vissuto, per incrociarlo con quello degli altri al fine di stringere legami umani rivoluzionari.


Salli vive!
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Messaggio Da eretico pagano Mer Ott 15, 2008 7:23 pm

Cile - Compagni condannati a 3 anni per le molotov
Lautaristi condannati a 3 anni di carcere per le bombe molotov nella giornata del giovane combattente

fonte: El Mercurio Online -13 ottobre 2008

SANTIAGO- Il Primer Tribunal de Juicio Oral en lo Penal di Santiago ha condannato, in primo grado, a 3 anni ed 1 giorno di carcere per il reato di detenzione di bombe o artefatti incendiari, in qualità di autori, i 3 imputati, sorpresi mentre erano in possesso di bombe molotov la notte del 29 marzo 2008, presso il comune di Pudahuel, durante la giornata del "Giovane Combattente".

La decisione è stata presa all'unanimità dai giudici Carlos Hazbún, Tomas Gray e Enrique Durán, i quali hanno dichiarato colpevoli di tale reato:

Alex Marcelo Dotte López, Joaquín Alberto Cortés Crespo e María Alejandra Vila Valenzuela.

Ad Alex Dotte non sono stati concessi i benefici, pertanto dovrà scontare tutta la pena in carcere, mentre Vila e Cortés sconteranno la condanna in libertà vigilata.

Inoltre, è stato condannato Esteban Nemías Huiñiguir Reyes per detenzione illecita di marijuana e per traffico di stupefacenti, le condanne ammontano rispettivamente a 3 anni e 1 giorno e a 541 giorni di carcere. Assolti, invece, Cortés Crespo e Vila Valenzuela dal reato di traffico di droga.
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Messaggio Da eretico pagano Mer Ott 15, 2008 7:24 pm

Venezuela - Rivolta nelle carceri
fonte: adnkronos, 14 ottobre 2008

Monta la protesta nelle carceri venezuelane contro i maltrattamenti e le precarie condizioni in cui detenuti sono costretti a vivere. In una decina di penitenziari la protesta viene attuata con lo sciopero della fame e il sequestro dei parenti in visita. Tutto è iniziato mercoledì scorso con una tentata ribellione nel carcere di Yare, vicino Caracas, controllata dalla Guardia nazionale che ha aperto il fuoco; la protesta si è poi estesa in altri penitenziari, per un totale di 6 mila detenuti in agitazione e di circa 3 mila parenti in visita tenuti "sotto sequestro".

Per cercare di trovare un’intesa e porre fine alle proteste il ministro dell’Interno e Giustizia venezuelano, Tarek El Aissami, ha nominato una commissione. Il ministro ha poi precisato su una tv locale di essere disposto ad accettare suggerimenti da rappresentanti della popolazione carceraria, ma di non poter tollerare il sequestro dei parenti come strumento di ricatto. Secondo i calcoli di organizzazioni non governative, nel primo semestre di quest’anno nelle rivolte in carcere in Venezuela sono morti 249 detenuti.
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Messaggio Da eretico pagano Mer Ott 15, 2008 7:25 pm

Turchia - Torturata e uccisa Engin Ceber
fonte: Ansa, 14 ottobre 2008

Diciannove dipendenti delle carceri di Istanbul sono stati accusati in Turchia di aver torturato e assassinato l’attivista della sinistra Engin Ceber la scorsa settimana. L’Agenzia di stampa Anadolu rende noto che i 19 persone, fra cui figurano i nomi di alcuni dirigenti del carcere di Metris e del medico, sono stati sospesi dal lavoro. Il Ministro della Giustizia Turco ha presentato le proprie scuse ai familiari e ha promesso loro che ci sarà una inchiesta rigorosa per scoprire la verità.
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Messaggio Da eretico pagano Mer Ott 15, 2008 7:31 pm

Carcere - Bollettino di morte delle ultime settimane
Seguono alcuni articoli che riportano brevemente delle vite strappate nelle ultime settimane dalla mostruosità della società carceraria. Ognuno di questi suicidi, massacri e abbandoni alla morte, è un omicidio di Stato, e delle galere plasmate a sua immagine e necessità.


Massa: detenuto 30enne in semilibertà si impicca a un albero

Il Tirreno, 13 ottobre 2008

Lo hanno trovato senza vita nel bosco di Piana di Macina, al confine tra Massa e Carrara. Angelo Lovallo, trent’anni compiuti all’inizio dell’estate, ha deciso di togliersi la vita perché esasperato dal carcere. Esasperato nonostante godesse di un permesso di semilibertà che gli permetteva di entrare e uscire dal penitenziario di via Pellegrini tutti i giorni. [...]

* * * * *

Viterbo: muore detenuto di 39 anni, 14esima vittima nel Lazio

Agi, 11 ottobre 2008

È morto per cause ancora da accertare Vincenzo M., detenuto romano di 39 anni recluso nel carcere Mammagialla di Viterbo da meno di 15 giorni. Lo ha riferito il Garante dei diritti dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, sottolineando che si tratta del quattordicesimo caso dall’inizio dell’anno nelle quindici strutture laziali (13 detenuti e un agente di polizia penitenziaria), contro gli undici deceduti nel 2007 e i dieci del 2006. [...] Il detenuto -morto la sera del primo ottobre- era stato trasferito a Viterbo il 19 settembre dal carcere romano di Rebibbia. In precedenza era stato recluso anche a Civitavecchia.

I morti di quest’anno sono tutti uomini: sei suicidi (compreso l’agente di polizia penitenziaria), quattro deceduti per malattia, quattro per cause ancora da accertare o non accertate. I decessi sono avvenuti a Regina Coeli (tre), Rebibbia (cinque), Viterbo (tre), Velletri e Frosinone. [...]

* * * * *

Firenze: detenuto trovato impiccato, per genitori non è suicidio

Agi, 11 ottobre 2008

Fu arrestato il 19 giugno alle 23.00 a Cattolica con l’accusa di aver commesso una frode informatica, quindi rinchiuso nel carcere di Sollicciano (Firenze). Alle 11.00 del 23 giugno venne trovato senza vita, impiccato alla finestra del bagno con un paio di jeans e un numero imprecisato di lacci da scarpe.

Ora, i genitori di Niki Aprile Gatti, 26 anni, che non hanno mai creduto all’ipotesi di suicidio del figlio, si oppongono alla richiesta di archiviazione avanzata dal pm al procedimento che avrebbe dovuto fare luce sulla morte del giovane. [...] Il giovane, alla prima detenzione, aveva chiesto di essere messo in una cella con detenuti italiani e non violenti.

Era stato invece rinchiuso in una cella della quarta sezione con due detenuti extracomunitari per i quali era stata disposta una sorveglianza assidua. Uno dei due, in una precedente detenzione, aveva minacciato di tagliare la gola al compagno di cella. Ma è anche la dinamica della morte a non convincere i genitori del ragazzo. "L’utilizzo di un solo laccio è di per sé idoneo a causare la morte per strangolamento di una persona - scrivono - ma certamente non idoneo a sorreggere il corpo di Niki del peso di 92 chili".

Secondo i genitori, inoltre, "non si comprende come possa essere stata consumata l’impiccagione quando nel bagno non vi era sufficiente altezza tra i jeans e il piano di calpestio del pavimento tale da poter garantire il sollevamento e il penzolamento del corpo. In tal caso - sostengono i genitori del ragazzo - il decesso è più riconducibile a uno strangolamento con successiva simulazione di impiccagione".


* * * * *

Milano: detenuto ritrovato morto in cella di sicurezza in questura

Ansa, 9 ottobre 2008

Era finito in manette mercoledì sera insieme ad altri due connazionale per un tentato furto pluriaggravato alla Feltrinelli di Corso Buenos Aires, a Milano. L’uomo, un georgiano di 25 anni, è stati trovato senza vita giovedì mattina all’interno della camera di sicurezza della Questura di Milano dove si trovava detenuto in attesa del processo per direttissima.

La triste scoperta è stata effettuata dagli agenti che lo avrebbero portato in tribunale. La vittima non presentava sul corpo nessun segno di violenza. Il magistrato ha disposto l’autopsia per accertare le cause del decesso.


* * * * *

Opera: detenuto paraplegico impiccato, è dubbio sul suicidio

Giornale di Vicenza, 12 settembre 2008

Il giostraio vicentino Jonny Montenegrini è stato trovato morto ieri nel carcere di Opera a Milano. I familiari e l’avvocato Benvegnù sollevano perplessità sul decesso e chiedono sia fatta chiarezza. Per oggi è stata disposta l’autopsia.

Per i familiari e l’avvocato la sua morte è un giallo. Non credono all’ipotesi del suo suicidio. Lo hanno trovato impiccato in una cella del carcere di Opera a Milano. Il giostraio bassanese Jonny Montenegrini, 32 anni, era stato arrestato il 20 giugno dai carabinieri di Vicenza per una rapina avvenuta l’11 maggio a Camisano. Era paraplegico e perciò non aveva l’uso delle gambe. Era ritenuto l’autista del commando che aveva alleggerito la biglietteria degli autoscontri di Renzo Rizzi.

"I familiari sono sconvolti e non credono alla tesi del suicidio - spiega l’avvocato Riccardo Benvegnù di Padova, difensore della vittima -. Del resto, io stesso nutro delle perplessità. Ci sono circostanze che non mi quadrano. L’avevo visto di recente ed era fiducioso sull’esito dell’inchiesta della procura di Vicenza perché mi ripeteva di non essere stato lui a guidare l’auto della fuga. Per capirci, non lasciava certo intendere che fosse in una critica situazione psicologica". [...]
Montenegrini è stato rinvenuto privo di vita ieri all’alba. La morte risaliva a qualche ora prima. Nessuna delle guardie presenti si è accorta di nulla.

Viste le sue condizioni di salute dopo l’emissione dell’ordine di custodia firmato dal gip Agatella Giuffrida su richiesta del pm Claudia Dal Martello, titolare dell’inchiesta, era stato trasferito al carcere di Opera perché ci sono delle celle attrezzate per i disabili. Montenegrini, gravato da qualche precedente, era accusato di avere guidato la Fiat Tipo bianca dalla quale la sera del 11 maggio scesero due individui che, incappucciati, aggredirono un componente della famiglia Rizzi e arraffarono 500 euro. [...]
"Montenegrini era tranquillo - aggiunge l’avv. Benvegnù - ed era un soggetto tutt’altro che depresso. Tra l’altro, le modalità di quello che dagli inquirenti è ritenuto come un suicidio sono complicate, tenuto conto che era invalido. Pesava oltre 80 chili ed aveva degli obiettivi problemi per architettare un suicidio di quel tipo. Sono davvero molto perplesso".


* * * * *

Roma: muore detenuto tossicodipendente, forse per percosse

Il Velino, 12 settembre 2008

Un detenuto di 41 anni è morto martedì pomeriggio nell’ospedale di Velletri a causa di alcune percosse subite il giorno precedente, ma è giallo sulle cause del decesso. [...] Ma il direttore del carcere di Velletri, Giuseppe Makovec, frena: "Non è possibile stabilire il nesso di causa-effetto tra le fratture riportate dalla vittima e il decesso e ancora meno se queste possano essere state provocate dalla colluttazione in cui l’uomo era coinvolto o dalle fasi concitate dell’arresto". [...]

E' morto mentre era sottoposto a Tac. Poco prima di morire, ad un medico che gli chiedeva chi lo avesse ridotto così, Stefano ha risposto: “ le guardie”.


* * * * *

Nuoro: detenuto marocchino inala gas e muore nella sua cella

La Nuova Sardegna, 12 settembre 2008

Quasi certamente ha inalato una dose letale di gas dalla bomboletta del fornellino in dotazione per stordirsi, ma senza l’intenzione di uccidersi: così sarebbe morto due sere fa, verso le 21,15, un detenuto marocchino (del quale non sono state rese note le generalità) nel bagno della sua stanza nel carcere di Badu ‘e Carros. I compagni (siamo in periodo di Ramadan, pare che dopo cena avessero anch’essi assunto gas e fossero alterati) non si sarebbero subito resi conto del fatto, se non quando non c’era più nulla da fare.

Indaga la magistratura e si attendono maggior certezze dall’esito dell’autopsia. Carlo Murgia, il sociologo garante dei detenuti, commenta: "È l’ulteriore conferma di quanto all’interno del carcere sia diffusa l’abitudine dell’uso di sostanze nel tentativo di alleviare lo stato di sofferenza." Si apre una finestra su un mondo del quale si ha spesso una percezione sbagliata: "L’opinione pubblica è convinta che questo non sia un luogo di pena, ma una specie di ostello dove si guarda la tv o si studia. Invece non si socializza affatto, l’ingranaggio più oscuro dello Stato, l’immagine opaca della società" dice amaramente Murgia.[...]

* * * * *

Taranto: detenuto muore in ospedale, per una cirrosi epatica

La Gazzetta del Mezzogiorno, 9 settembre 2008

Un detenuto di 39 anni, Michele Montervino, è morto ieri in ospedale. Soffriva di cirrosi epatica. L’uomo era stato trasportato dal 118 domenica notte dal carcere al Santissima Annunziata a seguito di un ennesimo malore. In carcere era nella sezione "precauzionali ". Sulla sua morte sono in corso gli accertamenti e intanto spunta un giallo. Pare che il detenuto avesse più volte sollecitato adeguata assistenza, accusando di star male, così come sembrerebbe che i medici del carcere avessero più volte suggerito il suo ricovero in ospedale escluso invece dal personale del 118. Montervino avrebbe dovuto scontare la pena sino al 2012. Aveva fatto appello alla condanna di primo grado.


* * * * *

Verona: detenuto morto; manca denuncia, è "causa naturale"

L’Arena di Verona, 9 settembre 2008

Muore in carcere. Aperta un’inchiesta. La segnalazione di alcuni detenuti su un decesso avvenuto a luglio. Doveva scontare un anno. I compagni di reclusione: "Era gravemente malato, andava portato in ospedale".

È morto nella sezione dell’infermeria del carcere di Montorio lo scorso 22 luglio ma la notizia è emersa solo in questi giorni grazie alla segnalazione di alcuni detenuti. La procura ha aperto un’inchiesta che, però, è destinata a finire in archivio. Secondo indiscrezioni, non sarebbero emersi elementi sufficienti a modificare la dicitura di morte naturale sul fascicolo, intestato a Mustafà, 41 anni, francese di origine magrebina.

"Potremmo iniziare l’inchiesta solo se arrivasse un esposto o una denuncia che segnalasse qualcosa di anomalo nella sua morte", si lascia scappare un inquirente. E fino a ieri, nessuno si era fatto vivo per denunciare irregolarità nel decesso del migrante nell’indagine coordinata dal sostituto procuratore Giulia Labia.

È impossibile, invece, conoscere la versione "istituzionale". Al telefono della casa circondariale, risponde una segretaria e riferisce che il direttore Salvatore Erminio è in ferie fino a domani ed è sostituito da un collega che, però, è fuori sede. Attualmente il carcere è comandato da un ispettore capo. Nessuno tranne il direttore del carcere, però, è autorizzato a parlare con la stampa su vicende interne al carcere.

[...]
Mustafà era stato arrestato per il furto di una bicicletta e aveva subito una condanna ad un anno di carcere. "Era gravemente malato. Le sue gambe e i suoi piedi erano rossi e gonfi per cattiva circolazione" scrivono i detenuti in una lettera firmata. E poi la critica: "Non è stato curato abbastanza, dovevano portarlo all’ospedale", insistono i detenuti, "dove avrebbero potuto garantirgli le cure necessarie".

Una morte e i ricordi che spuntano: "Io lo conoscevo perché prima di stare male, veniva spesso all’aria: un posto all’aperto di 15 metri per 15, tutto in cemento grigio, con muri altissimi dove si può andare una volta alla mattina e una al pomeriggio". Mustafà si era conquistato in poco tempo la simpatia dei suoi compagni di cella: "Era un tipo tranquillo, allegro ed era divertente parlare con lui".

Non faceva certo pesare a chi gli stava vicino il suo stato di salute certo non brillante: "Il suo errore", riporta ancora la lettera dei detenuti, "se così si può chiamare, era che non diceva niente quando qualcosa gli mancava o quando stava male". Faceva fatica a farsi capire Mustafà. Non parlava l’italiano e forse non si faceva capire bene con i medici e infermieri che l’avevano in cura, così almeno ritengono i compagni di cella.

Gi ultimi giorni di vita di Mustafà sono stati contrassegnati da alcune crisi di vomito fino alla sera del 22 luglio scorso quando un assistente l’ha trovato privo di vita nella sua cella. È stato chiamato un medico che non ha potuto far altro che constatarne il decesso. "Hanno scattato una foto poi l’hanno portato via" racconta ancora il detenuto. Alla fine della lettera, c’è il saluto dei suoi compagni di cella: "Dio lo benedica e porti la sua anima in paradiso. Adieu Mustafà".


* * * * *

L'Aquila - Muore prigioniero Iracheno
in sciopero della fame
Un iracheno detenuto all'Aquila e' morto il 12 agosto per
lo sciopero della fame intrapreso contro la pena di un anno
emessa dal tribunale di Milano.
L'uomo, di 40 anni, riteneva
ingiusta la condanna comminatagli per tentata rapina e cosi'
aveva avviato uno sciopero della fame che in poco tempo
ha debilitato il suo fisico minuto, rendendo impossibile il
recupero anche quando, aiutato da personale e psicologi, e'
tornato sulla sua decisione di lasciarsi morire
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Messaggio Da kemoAdmin Mer Ott 15, 2008 9:46 pm

Oh, ma perchè non li metti nel facebook dei Briganti?
Ti creo un gruppo di discussioni apposito...
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Messaggio Da eretico pagano Sab Ott 18, 2008 1:15 pm

Borgomagno - Carabinieri accerchiati... finalmente!



fonte: ilmattinodipadova 12 ottobre 2008

Si è ribellato ad un controllo dei carabinieri sotto il silos di via da Bassano. E dopo aver atterrato un militare, ha chiamato a raccolta una ventina di connazionali che hanno circondato l’autoradio e i tre carabinieri.


Scene da banlieau parigina l’altra notte a Borgomagno. Bob King Nwaknwo, 20 anni, clandestino, è finito in manette. E ieri era già libero. Il capopattuglia dell’A rma, invece, è finito in ospedale. Ha la mano destra gonfia. Guarirà in cinque giorni. Ma il parapiglia poteva avere esiti ben peggiori. Se gli aggressori fossero passati alle vie di fatto, o se i militari accerchiati non avessero avuto sangue freddo. Tra l’altro, non è la prima volta che una pattuglia di carabinieri (o poliziotti) viene aggredita a Borgomagno. Era già capitato alcuni anni fa - prima che il Comune abbattesse l’edificio fatiscente vicino al cavalcavia che era diventato un ritrovo di pusher e sbandati - che un extracomunitario si ribellasse ad un controllo dei carabinieri. In via Anelli - prima che chiudesse il complesso Serenissima - era accaduto anche di peggio: che spaccassero anche un’auto a colpi di spranga. La situazione precipita poco dopo mezzanotte: una pattuglia dell’Arma (un maresciallo, un appuntato scelto, un carabiniere scelto) nota un africano che cammina lungo il marciapiede sotto il silos di via da Bassano. L’auto si ferma, esce il maresciallo che chiede al giovane di fermarsi. Ma l’uomo continua per la sua strada. La «Gazzella», quindi, si rimette in moto e dopo 20 metri gli taglia nuovamente la strada. Ed è il caos. Appena il maresciallo mette la mano sulla spalla del nigeriano, lui afferra il polso del militare lo storce e «schiena» il carabiniere. I due colleghi dentro l’auto escono a dare man forte al capopattuglia, che si rialza e riesce ad ammanettare un polso del giovane, che inizia ad urlare. Dal silos escono circa 25 suoi connazionali che circondano l’auto e i carabinieri, tentando di far fuggire il giovane. Ma il maresciallo ammanetta il nigeriano al suo polso, mentre uno dei due militari entra in auto e dà l’a llarme. I tre carabinieri vengono spintonati, ma fortunatamente nessuno perde la testa. Gli africani urlano ai militari: «Terroni, vi ammazziamo tutti. Basta con i controlli, via da qui, questa è zona nostra». Ma le sirene delle «Gazzelle» (4 in tutto) e delle Volanti della questura (2) provocano un fuggi fuggi velocissimo. Quando arrivano i rinforzi, sotto il silos non c’è più nessuno oltre ai tre militari e al giovane ammanettato. Che viene portato in caserma e fotosegnalato. Ieri mattina Bob King Nwaknwo è stato processato e condannato a 4 mesi e 10 giorni: pena sospesa. Il giovane, poco dopo mezzogiorno è stato scarcerato ed è ritornato al silos.
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Messaggio Da eretico pagano Lun Nov 24, 2008 7:03 pm

Argentina - Benetton il minatore...
Corpo: La compagnia mineraria di Benetton alla ricerca dell'oro a San Juan

fonte: www. diariodecuyo. com. ar
articolo di Viviano Pastor - Diario de Cuyo

La compagnia mineraria Minera Sud Argentina, con il pacchetto di maggioranza delle azioni posseduto da Luciano Benetton, il magnate italiano fabbricante di vestiti ed uno dei più grandi latifondisti dell'Argentina, è sbarcata per la prima volta nella provincia di San Juan per esplorare l'oro nella Cordigliera di Igliesias.

Il segretario delle attività minerarie della provincia, Felipe Saavedra, ha informato che questa settimana si è riunito con Carlos Massa, gestore generale della compagnia, il quale gli ha comunicato che l'impresa ha iniziato ad esplorare il progetto Brechas Vaca, sito nel dipartimento di Iglesia. La zona è stata catalogata come luogo ad "alto potenziale minerario" da parte della compagnia.

In questa prima tappa l'impresa investirà 500.000 dollari; si realizzeranno le prime perforazioni. Saavedra ha confermato che i tecnici e gli assistenti si erano già recati nella zona in questione, assieme al principale equipaggiamento per la perforazione, compito che sarà a carico della ditta locale Eco Minera.

I mezzi d'informazione nazionale segnalavano già da 4 anni sulla costituzione di una nuova compagnia mineraria, Minera Sud Argentina S.A., della quale Compañías de Tierras del Sud Argentino (di proprietà Benetton) è titolare del 60% del capitale. Infobae sosteneva che la compagnia puntava alle regioni del nord e del centro dell'Argentina, rispettivamente le province di Jujuy e San Juan, "dove le miniere stanno acquisendo una grande attrazione".

L'imprenditore italiano è considerato uno dei più grandi latifondisti del paese, padrone di 900.000 ettari nel sud del paese e nella provincia di Buenos Aires. Inoltre, possiede più di 280.000 ovini, con interessi nell'industria della lana, della riforestazione e dell'allevamento.

Nel 2002 Benetton è stato denunciato da organizzazioni mapuche per usurpazione di terreni ancestrali nella Patagonia argentina. In quello stesso anno la famiglia aborigena Curiñanco Nahuelquir si scontrò con il gruppo Benetton con un processo per sgombero. L'avvocato dei mapuche, Gustavo Macayo, sostenne che dietro lo sgombero della famiglia mapuche "potrebbe esserci anche un interesse a estrarre l'oro che potrebbe esser presente in quel luogo.
"

fonte: http://www. diariodecuyo. com. ar/home/new_noticia. php?noticia_id=314604
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Messaggio Da eretico pagano Sab Dic 20, 2008 3:28 pm

OCCUAZIONE A NEW YORK foto e doc originale : http://amoryresistencia. blogspot. com/2008/12/be-assured-this-is-only-beginning. html

traduzione a spanne:

"Una parte di The New School di New York è stata occupata intorno alle 20. Gli studenti hanno un lungo elenco di rimostranze contro l'amministrazione della loro scuola. In un comunicato rilasciato poco dopo l'occupazione gli studenti hanno espresso solidarietà con la rivolta in Grecia, nonché con le lotte degli studenti in Italia, Francia e Spagna. "Abbiamo appena occupato New School University. Abbiamo liberato questo spazio per noi stessi, e per tutti coloro che vorranno unirsi a noi, per un uso autonomo. Abbiamo preso l'università in aperta solidarietà con quelli che occupano le università e le strade in Grecia, Italia, Francia e Spagna…"... quello che inizia questa sera presso la New School non può e non deve rimanere qui rinchiuso. Con questa occupazione abbiamo inaugurato un'ondata di occupazioni nella città di New York e gli Stati Uniti, L'arrivo di un'ondata di occupazioni, blocchi, scioperi in questo tempo di crisi.
Siate certi, questo è solo l'inizio "
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